martedì 1 novembre 2011

Lettera mai scritta.



Ora ho anche io un mondo nel cuore che non so esprimere.
E' stato un salto che non potevo rimandare.Mi avete letta, mi sono letta mettendo insieme immagini pastello che raccontassero il passaggio tremolante del mio corpo su quel filo,quando quella che chiamavo realtà,subiva un po' troppo il profumo e il sogno di quello che viveva nella mia testa, sotto i capelli.
Tutto aveva quel sapore lì, quel sapore di immaginazione,di panna e mirtilli, poi di arancia amara, quando le aspettative venivano deluse da chi però non mi aveva dato niente, ma solo lasciata intendere.Me la ricordo quella soglia,erò lì in punta di piedi,sapevo già che sarei stata bene oltre quella porta,pensavo bene di quei posti a priori, perchè ne avevo percepito il bello ma senza che mi fosse stato mostrato.Qualche proiezione di troppo.Troppo cielo, tante piccole cadute per terra.
Eppure era più facile. Era più facile vedermi pallida con quelle lacrime.Cadevano per chi non esisteva, per chi nonostante tutto quanto non mi aveva ancora fatta entrare,ero ancora nel mio angolo di mondo, mi scoprivo, mi affrontavo, ma non affrontavo me e il resto, me e l'altro.
Poi, così naturalmente travolta, capì che era arrivato il mio momento.
Per qualche strano scherzo del destino sei arrivato tu, in quell'agosto mai stato così felice, come me, che non lo ero mai stata.Ti avevo trovato,mi faceva sorridere pensare al tuo nome quando mi tenevo sospesa su quei pensieri morbidi, era così piacevole sentirne il suono nella mia testa.Tornavo in quella piccola stanza della mia casa al mare, e fissando quel letto a castello ripensavo alla mia stupida dichiarazione, a quanto potessi essere stata buffa e impacciata,mentre tu eri lassù, curioso di sentirti dire quello che volevi che io ti dicessi, quello che mi avevi strappato dal petto, quelle parole a cui mi hai portato da prima che ci conoscessimo.E quei giorni, quelli che vennero dopo, quelli dei segreti, quelli in cui Arianna ha provato le sue prime vere emozioni, non erano di carta velina color pastello, nè di ovatta, non avevano il profumo dei fiori, erano semplicemente reali e io con loro per la prima volta abbandonavo la mia gabbia dorata.
Sei stato il mio primo passo qui fuori.
Ci siamo nascosti,ci siamo abbracciati senza difese, ancora senza barriere,in quel momento pensavo che se solo avessi vissuto qualcosa in più di te, in quel momento ti avrei amato, avrei preso te e il tuo dolore,avrei fatto mio anche quello.
C'erano le braccia intrecciate che da un letto all'altro mi riscaldavano il cuore e il corpo, c'era il tuo battito accellerato, il tuo primo dettaglio che ho imparato.Poi la buonanotte al buio, nella stessa stanza.
L'estate non mi aveva ancora portato via quello sguardo selvaggio,quegli occhi limpidi, distesi,verdi.Ti facevano più grande.
Sembravi più grande, sembravi più grande di me per quello che la vita ti aveva tolto, io volevo imparare da te tutto quello che avevi dovuto imparare da solo, mentre io ero stata più fortunata.Ma questo alla lunga mi ha fatto mettere da parte per concederti tutto, anche di abbandonarmi.Il ritorno a casa carico di entusiasmo.Tu ci saresti stato anche dopo, contrariamente alla spietata legge di settembre che divide.
Eppure te ne stavi andando anche tu, così leggero fisicamente,così pesante ciò che vive nella tua testa.
Ho assistito come la più triste osservatrice al lavoro mentale che stavi mettendo in atto per distruggere qualcosa di cui avevi paura. Faccio così tanta fatica a ripetermelo, ogni mattina, ogni notte.Non mi lasci mai, sei qui che mi logori.Sei ovunque io sia.
Sei stato tre mesi della mia vita e oggi che è nato un nuovo novembre non sento passare questo calore che sembra scoppiare da un momento all'altro.Ho una nova nel petto.Implodo con lei rifugiandomi in quella che chiamano Ridimensione.Ma tutto questo non ha forma nè dimensione,straripa, sradica,invade e trascina via con se. Eppure mi dicono, posso farlo entrare da qualche parte, posso arrotondarne gli angoli, posso dare il permesso ai tuoi errori di oscurare le cose belle, così che pesino più di queste ultime.
Mi hai lasciato sola.Hai lasciato che il potere di qualche convinzione ci uccidesse per quello che eravamo, piccoli e fragili.Belli, primitivi. Hai preso il peggio di me, me lo hai tirato fuori coscientemente anche se non lo sai. Mi hai graffiata tutta, mi hai costretta a separarmi da te senza che tu mi avessi ancora vista.Non mi hai mai letta,mai ascoltata davvero come io ho ascoltato te,mi hai sentita cantare senza che ti entrassi dentro, con te non ho più sentito il suono della mia voce, e quella interiore, l'unica che non poteva tradirmi, si confondeva con la tua.
Io mi sono persa come te,ho assorbito quello che mi hai inniettato.Ho assaggiato la tua confusione e picchiato la mia chiarezza.

Ma la cosa più triste e dolorosa è che non poteva andare altrimenti, perchè non hai voluto ricevere,perchè studiare i meccanismi freudiani di difesa all'università non ti insegna certamente a debellarli nella tua vita, soprattutto se non sono i tuoi ma di chi ti sta vicino.
E' così dura accettare qualcosa che non appartiene al mio essere, come la paura difronte ai sentimenti, la paura di farmi male non ha mai ferito qualcun'altro. E' toccato a me,rifiutata a priori,mai vissuta come avrei voluto facessi e chissà, forse mai rimpianta
Puoi sentire la nostalgia di qualcosa che non hai conosciuto davvero?..Vorrei che tutto quello che mi hai ispirato, tutto quello che ho dato non andasse distrutto, vorrei che un giorno, che un' estate, che la pioggia, che su un treno, ritornando a casa o partendo, ritrovando per caso il mio libro di Kundera con le frasi che ho sottolineato.. io ti mancassi.
Ma oggi sono qui a chiedermi cosa mi rimanga di te, cosa devo e non devo lasciare andare, sono qui a desiderare che il tempo passi in fretta, che tu possa crescere e affrontare te stesso sciogliendo le maschere che indossi,riconoscendo la colpevolezza di tuo padre per averti abbandonato, ricoprendoti di una rabbia incandescente, la rabbia che ti serve per riuscirlo a perdonare. Brucio qui dentro, sento il mio singhiozzo,lascio cadere quella lacrima nera di trucco, non la ostacolo, perchè si, è doloroso per me sapere di non poterti aiutare in questo.Lì basterai tu,quando vorrai rivendicare l'amore per la vita.Non ci saranno più i sogni di un padre suicida da dover realizzare, non ci saranno più i suoi libri, i suoi pensieri, la sua malattia.Ci sarai tu, senza sovrapporti a nient'altro, tu e le tue ferite,tu e le tue possibilità.
Io vorrei questo per te, vorrei essere la prima e l'ultima persona che soffrirà a causa della lettura povera che hai del mondo, spacciata per razionale quando non è che cemento, petrolio mentale.Lo stesso che mi ha reso invisibile ai tuoi occhi, mai come ora.
Ora che ho deciso di separarmi totalmente da te, sento che non capirai mai quanto mi costa, quanto sforzo mi richieda, penserai che per me sia più facile porre fine al dolore tagliando il filo di leggera appartenenza che ci ha legato,come se io abbia scelto di cancellarti per ricominciare a vivere, come se volessi dimenticare quello che mi fa soffrire.
Ma è ben lontano tutto questo, sei una ferita ormai.Comunque permani.
Smetterai di gettare sangue, ti attenuerai ma rimarrai.
Sei la mia cicatrice, sei parte della mia storia.
Il mio soffrire a senso unico,un battito interrotto, l'ultimo bacio, la mia crescita.
Spero di averti lasciato una traccia,qualcosa che un giorno ti possa ricondurre anche solo per un istante al noi che ci hai negato, all'addio che ora mi imponi, all'abbraccio che mi hai rimandato indietro.